La band è attiva sin dal 1982, cosa vi ha spinto a formare i Witchunters e come descrivereste l’evoluzione del vostro sound nel corso degli anni?
La band è nata dalle ceneri dei Randoms, quartetto che tenne un unico concerto prima di sciogliersi nel 1982. Il nome è ispirato alla canzone dei Rush “Witch Hunt” e la voglia di suonare pezzi originali è stata la cosa che maggiormente ci ha spinto ad iniziare questa avventura. Inizialmente i testi erano in italiano ma ci siamo resi conto rapidamente che per quello che volevamo fare la cosa era molto limitante. Iniziammo così a fare testi in inglese.
Inizialmente il nostro sound era influenzato soprattutto dalla NWOBHM che in quegli anni aveva portato in evidenza tantissime band inglesi e non. L’immediatezza dei riff e la semplicità della struttura delle canzoni calzava a pennello con le nostre limitate capacità tecniche di musicisti alle prime armi. Con il passare degli anni la nostra preparazione sullo strumento si è affinata e abbiamo cominciato a comporre canzoni più articolate, spostandoci su un genere che potrei definire Techno Thrash. Canzoni come “Doomsday”, “Legal Crime” o “Lost War” si avvicinano molto a questo genere. L’inserimento agli inizi degli anni ’90 di Daniele Gozzi al basso e Stefano Adani alla voce ha portato ad un netto spostamento verso un metal molto più melodico ed il risultato è stato l’album del ’94, “…and It’s Storming Outside” per l’Underground Symphony. L’inserimento di Pier Mazzini alle tastiere nel 1998 ha reso ancora più evidente questo spostamento a scapito di qualche soluzione progressive metal che avevamo inserito in quello che avrebbe dovuto essere il nostro secondo album “Different Universe”, mai uscito.
Avete avuto una pausa importante tra il 2001 e il 2009. Cosa vi ha portato a riprendere la vostra attività e quali nuove ispirazioni avete portato nel vostro sound dopo il ritorno?
Sì la band si è presa una lunga pausa durante la quale ognuno di noi ha portato avanti le proprie passioni, anche non strettamente legate alla musica. La scintilla che ci ha portato a lavorare di nuovo insieme sono state le canzoni nate durante questa pausa. Idee coerenti con il nostro percorso musicale della fine degli anni ’90 che con il contributo dei nuovi elementi che si sono aggiunti alla band hanno spronato ciascuno di noi ad aggiungere qualcosa di personale alle composizioni. In particolare questo vale per Marcello, che essendo l’ultimo ad essere entrato nei Witchunters si è trovato un sacco di lavoro arretrato da sbrigare…
Il vostro primo CD del 1994, ‘…and it’s storming outside’, ha un formato particolare per collezionisti. Come è nata questa idea e quanto è importante per voi l’aspetto visivo del vostro lavoro?
L’idea è stata di Maurizio dell’Underground Symphony, per accontentare i fans più nostalgici. In pratica il CD era fissato su un supporto quadrato delle dimensioni di un 33 giri in vinile e contenuto in una copertina delle stesse dimensioni e gatefold. Il risultato era molto accattivante. Penso che in generale l’aspetto visivo sia molto importante per una band che suona Hard Rock/Heavy Metal. Il nostro recente lavoro “Time Is Running” ha un artwok fantastico, curato da Jahn Vision Art, e sicuramente per godere al 100% del prodotto è indispensabile avere il CD in formato fisico. La cover è molto bella, ma è la grafica del digipak e del booklet nella sua totalità che da un senso compiuto a tutto il lavoro.
Nel 2021 avete iniziato a registrare un nuovo album, e ci sono stati diversi cambiamenti nella formazione. Come l’arrivo di Marcello Monti ha influenzato la direzione musicale e le nuove composizioni del disco ‘Time Is Running’?
È stato nell’inverno di quell’anno che abbiamo iniziato a registrare il nuovo album, partendo dalle parti di batteria, come in genere si procede. All’epoca il nostro cantante era Salvatore Mulè e avevamo un secondo chitarrista, Davide Pincelli. Con il procedere dei lavori ci siamo resi conto della diversità di idee sia a livello musicale che per quanto riguardava gli obiettivi che volevamo raggiungere. Questo ha portato all’abbandono di Davide e al passaggio del testimone da Salvatore a Marcello, che dall’autunno del 2022 è diventato il nostro cantante. Come ho detto prima, sicuramente lui è quello che ha dovuto lavorare di più, insieme a Miguel. In pratica si è trovato con i testi e con le linee di cantato da rifare ex novo in tutte le canzoni. Marcello è un professionista e ne è uscito alla grande.
Nel corso della vostra carriera avete collaborato con diverse figure chiave dell’industria musicale, come Pete Hinton e Mr. Jack della Wanikiya Records. Quali sono state le collaborazioni più significative e in che modo hanno influenzato il vostro percorso?
Il ricordo di Pete Hinton ancora oggi mi fa sorridere. Estremamente gioviale e sempre pronto allo scherzo, quando si trattava di lavorare in studio diventava implacabile. Non so quante volte gli ho sentito dire “one more” mentre registravamo. Purtroppo con lui abbiamo lavorato solo sulla canzone “Possessed”, ai Sawmills Studios in Cornovaglia nel dicembre del 1986. Noi conoscevamo bene il suo lavoro su “Strong Arm Of The Law” dei Saxon e su “The Unexpected Guest” dei Demon e quindi avevamo una certa soggezione nei suoi confronti. Scomparsa dopo pochi minuti di conversazione, davanti a tazza di caffè americano, consumato in quantità imbarazzanti.
Mr..Jack ci ha aiutato molto nella promozione dei due singoli usciti nel 2023, “Time Is Running” e “Forever Young”. È una persona estremamente disponibile e professionale, è stato un piacere collaborare con lui.
Il vostro secondo album, ‘Different Universe’, registrato nel 1997, non è mai stato pubblicato. Come vi sentite riguardo a quel progetto e c’è mai stata l’idea di riproporlo in futuro?
Quando nel 1997 registrammo “Different Universe” eravamo convinti di aver fatto un lavoro di buona qualità e che avrebbe dimostrato il raggiungimento di una certa maturità musicale e compositiva. Avevamo coinvolto musicisti come Eddy Antonini per le parti di tastiera, che purtroppo non riuscì a registrare a causa di vari contrattempi, Federica De Boni dei White Skull per i backing vocals di un paio di canzoni, oltre ad un ingegnere del suono che aveva lavorato con musicisti di fama internazionale. Inoltre il testo di “Feeling” era ispirato al racconto “Portobello Road” di Muriel Spark, una scrittrice inglese. Purtroppo ascoltato ora l’album mostra diverse pecche, più che altro legate agli arrangiamenti e ai suoni, non abbastanza incisivi. Probabilmente per quel periodo non sarebbe stato all’altezza di altri prodotti dello stesso genere. Per riproporlo oggi, a mio parere, andrebbe registrato e arrangiato di nuovo. Alcune canzoni che vi sono contenute lo meriterebbero.
Siete stati tra i pionieri del metal in Italia. Come vedete l’evoluzione della scena metal italiana dagli anni ’80 ad oggi, e quali sono le principali sfide che avete affrontato come band nel corso del tempo?
Indubbiamente la scena metal in Italia è cambiata in maniera drastica dagli anni ’80 a oggi. La differenza più evidente è sicuramente la maggiore professionalità con cui vengono realizzati i prodotti, questo sia a livello sonoro che d’immagine. Fondamentale anche la possibilità che esiste oggi di farsi conoscere grazie al Web e la velocità con cui ciò avviene. Non si devono più preparare decine di buste imbottite da spedire fisicamente alle riviste o alle radio, aspettare settimane, mesi, per vedere una recensione o un’intervista o semplicemente per venire snobbati.
Per contro si rischia di concentrare troppo l’attenzione sulla tecnica e sui suoni, a differenza degli anni ‘80 dove si dava maggior spazio alla creatività e al divertimento, senza le quali non saremmo qui.
Per quanto riguarda le principali sfide che abbiamo affrontato, la tua domanda contiene in parte la risposta: il passare del tempo. Non è mai abbastanza e man mano che passa diventa sempre meno quello che riesci a dedicare alla musica… Time is Running.
La vostra ultima collaborazione con Underground Symphony rappresenta una sorta di chiusura del cerchio, visto che avevate già collaborato con loro nel 1994. Quali sono i sentimenti nel tornare a lavorare con questa etichetta dopo trent’anni?
Se dicessi che non abbiamo sperato che il nostro nuovo lavoro potesse interessare all’Underground Symphony mentirei. La passione e la professionalità che contraddistinguono Maurizio e la sua etichetta sono ben conosciute e ritrovarci a collaborare insieme di nuovo dopo trent’anni è stato come un ritorno a casa. È una piacevole combinazione che ci porterà anche a partecipare con un pezzo inedito alla compilation del trentennale dell’etichetta in uscita entro la fine di quest’anno.
Come avete vissuto il passaggio dal cantare in italiano a comporre in inglese? Pensate che questo cambiamento abbia avuto un impatto significativo sulla vostra musica e sul vostro pubblico?
Abbiamo scritto testi in italiano per un brevissimo tempo, in pratica solo nell’estate del 1982, quando iniziammo a comporre le canzoni e a suonare dal vivo con il nome di Witch Hunters. Ricordo una canzone che s’intitolava “Nell’Aldilà” e un’altra “Strega” …ovviamente. Dopo i primi tentativi ci rendemmo conto che per la musica che volevamo proporre la nostra lingua madre non ci soddisfava. Fu così che passammo all’inglese.
Nella vostra carriera, avete avuto momenti difficili, come il lungo periodo senza un cantante. Qual è stata la sfida più grande che avete affrontato come band e come l’avete superata?
Nel corso degli anni abbiamo avuto molti cambi di formazione. Probabilmente è stata la causa principale del fatto che abbiamo impiegato così tanto tempo a comporre le canzoni che fanno parte del nostro repertorio. Cambiare cantante in particolare è veramente traumatico per una band. Nel peggiore dei casi porta a mettere da parte canzoni che potevano essere adatte a un certo tipo di voce ma risultare non soddisfacenti per un’altra. Nel nostro caso per esempio tutte le parti vocali presenti nel CD sono state cambiate e personalizzate da Marcello, con il contributo di Miguel per gli arrangiamenti. Realizzare “Time Is Running” è stata a mio parere la più grande sfida che abbiamo superato come band. Poter stringere nella mano il risultato di tante ore di lavoro è stata una soddisfazione impagabile.