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Intervista a Sexperience

Oggi abbiamo il piacere di parlare con i Sexperience, una band che ha saputo distinguersi nel panorama metal con il loro sound potente e variegato, conosciamoli meglio!
Avete scelto un nome particolare, ci raccontate la storia di come è nato?
Certo, ma prima di tutto bisognerebbe dire che “non è come sembra” … Abbiamo cominciato a suonare insieme nel 2009, ma eravamo amici che già uscivano insieme ed ascoltavamo molte cose simili, quindi quando vennero scelti i brani per la prima scaletta vi erano molte cover rock e in particolar modo pezzi di Jimi Hendrix. Sostanzialmente, quando si è trattato di decidere il nome della band, è venuto fuori “Black Panthers’ Sexperience”, in onore alla formazione della Jimi Hendrix Experience, una cosa tira l’altra e – per risparmiare inchiostro – è rimasto Sexperience

Dopo aver iniziato con cover rock e metal, cosa vi ha spinto a comporre brani originali in inglese con un’impronta heavy e alternative a partire dal 2011?
Come detto, abbiamo iniziato a suonare insieme un po’ per caso, ma dopo qualche tempo abbiamo capito di voler scrivere brani nostri, per esprimere le idee e le sensazioni che volevamo trasmettere. Ci è stato chiaro sin da subito subito che lo stile che ci veniva più naturale era quello heavy/alternative – anche per le nostre influenze, ovviamente – ed era anche un ottimo sfondo sonoro per le tematiche che volevamo trattare.

Il vostro sound ha subito un’evoluzione significativa negli anni. Come descrivereste il passaggio dalle influenze Heavy e Alternative Metal iniziali alle sonorità Stoner, Groove e Metalcore dell’EP “Showdown”?
Scrivendo i nostri brani “democraticamente”, nel tempo sono venute sempre più a galla le influenze e gli stili personali di ciascuno di noi. Abbiamo sperimentato un po’, cercando di mescolare tutti gli ingredienti nel calderone, ed alla fine ci è piaciuta questa formula. È un po’ una questione di maturazione sia degli ascolti che dei gusti, ma è anche una questione di amalgama del gruppo, dove tutti siamo co-creatori di ogni singolo brano che abbiamo scritto. Showdown in realtà fu nei fatti una micro raccolta di pezzi “nuovi” di quel momento e un paio di pezzi più datati che permanevano nella scaletta live, si può infatti sentire che fanno parte di “stili” diversi di scrittura ed influenza…

L’EP “Sexp’Anger” del 2022 mostra una maturazione del vostro sound. Quali elementi nuovi avete voluto introdurre e come pensate che questo lavoro rifletta la vostra evoluzione musicale?
Dopo la prima esperienza in studio per registrare l’EP Showdown si è cercato di capire insieme cosa ci fosse piaciuto di più e dove invece dovevamo e potevamo migliorare. È stato un percorso anche un po’ tortuoso, perché abbiamo deciso di abbandonare alcune sonorità che ci avevano contraddistinto in precedenza, per ricercarne ed esplorarne di nuove. Sicuramente anche il fatto di conoscere sempre più proposte musicali (non per forza di nuova uscita) porta idee nuove e la possibilità di ampliare il bagaglio di scrittura. Non per ultimo, le sonorità Stoner sono più presenti in Sexp’Anger, non solo perché è un genere che ci piace, ma soprattutto per dare ancor più risalto alla voce di Mirko – il nostro cantante -, che ha molto nelle sue corde quello stile.

Avete prodotto e pubblicato autonomamente molti dei vostri lavori, come il singolo “Headless” nel 2014 e l’EP “Sexp’Anger” nel 2022. Quali sono le principali sfide e soddisfazioni nel gestire autonomamente le vostre produzioni?
Tra le sfide principali (oltre ovviamente a quella economica), c’è sicuramente quella della direzione artistica. Essendo un’autoproduzione, devi già sapere cosa andrai a registrare, senza aiuti esterni né “dall’alto”. Devi credere fortemente nel tuo materiale e nelle tue idee. Di conseguenza, tra le soddisfazioni c’è proprio quella di aver prodotto qualcosa che sia al 100% autentico, senza mediazioni né edulcorazioni.

Come hanno influenzato la produzione e il suono finale di “Showdown” e “Sexp’Anger” le esperienze di registrazione presso gli Insomnia Studios di Reggio Emilia e i Noisy Studios di Fidenza?
In entrambi i casi è stata una bella esperienza ed altrettanto istruttiva. Stefano Castagnetti (Insomnia Studios), ci ha dato una mano a strutturare meglio il nostro sound di quel momento, aiutandoci a definirlo con più chiarezza e precisione. Marco Benedetto (Noisy Studios), è un nostro fratello. Abbiamo condiviso il palco con i suoi Roots of Pain e non vediamo l’ora di condividerlo con il suo nuovo progetto (Phalude). Lavorare a stretto contatto con lui è stato magnifico, non solo perché è stato come lavorare in famiglia, ma perché ci ha lasciati sperimentare enormemente, cosa che ha comportato dei tempi impensabili per uno studio di registrazione normale, dal momento che lui stesso si è divertito a fare esperimenti da lato regia/mixing per trovare soluzioni interessanti e non precostruite, consigliandoci sempre al meglio.

Il release party per “Showdown” al Borderline Club di Modena sembra essere stato un momento importante per voi. Potete condividere qualche ricordo o aneddoto di quella serata?
È stato il nostro primo live con la pubblicazione di un EP alle spalle; quindi, si può dire con certezza che un po’ di importanza ce l’abbia… Di quella serata non scorderemo mai la nebbia: da Parma a Modena sembrava di stare dentro a Silent Hill! Per cui, suonando in trasferta, ad un certo punto abbiamo anche pensato che il pubblico di “casa nostra” non riuscisse a raggiungere il locale… E invece ce l’hanno fatta, quasi tutti… (Il fratello di James – bassista- s’è perso sbagliando uscita in autostrada). Ma in generale, è stata una serata fantastica per noi, anche per la partecipazione in apertura degli ormai defunti ma fortissimi Jolly Roger; delle foto di live per una volta“serie” fatte da una pro (Annalisa Russo), idem i biker del gruppo dei lowlanders, che gestivano il locale, tutti presi bene e che ci han dedicato un bel trattamento.

Avete realizzato diversi videoclip, tra cui quelli per “Dirty Words”, “Time Waits for No One” e “Stand Still”. Quanto è importante l’aspetto visivo nella vostra musica e come pensate che completi i temi delle vostre canzoni?
Crediamo che sia un valore aggiunto estremamente importante. È un modo per dare maggiore risalto alla nostra musica ed è anche un modo per veicolarla ulteriormente e con maggiore efficacia, sempre con lo spirito DIY che ci contraddistingue. Per esempio, in Stand Still abbiamo potuto raccontare il “Dietro le Quinte” della scrittura del brano. In Dirty Words abbiamo sperimentato con l’IA per cercare di trasportare l’allegoria dal testo della canzone al video. Il lyrics video di Time Waits (creato da Zeb Horsemann), dà ancor più risalto al tema e al mood del brano. Dopodiché, non guasta il fatto che alcuni di noi sono molto appassionati di cinema, per cui è anche divertente improvvisarsi sceneggiatori e registi. Non guasta nemmeno che Luke – batterista -, sia diplomato in grafica e laureato in fotografia. Va’ fatta anche una menzione di merito a Mathias Mocci, il nostro supervisor/editor/regista di fiducia per i video che produciamo. Ci piace giocare con le idee anche in quell’ambito insomma, perchè tanto “visto che non ci diventiamo ricchi” tanto vale divertirsi nel processo (tra poco ne esce un altro, fatto ancora con un procedimento diverso, vediamo se salta fuori come lo abbiamo immaginato!)

Potete parlarci delle idee concettuali dietro il video di “Stand Still” e di come si collega al messaggio più ampio dell’EP “Sexp’Anger”?
Stand Still parla dell’infodemia (ovvero la diffusione in quantità sempre maggiore di informazioni, spesso false o inaccurate), che contraddistingue la nostra società, più che altro in modo negativo. In questo senso il brano si ricollega al messaggio dell’EP Sexp’Anger, che è appunto quello della rabbia, della frustrazione verso le storture e le aberrazioni del nostro tempo. Le cose che ci fanno più incazzare, per dirla in francese.
Per quanto riguarda il video, fra le varie idee a cui abbiamo pensato, ci è parsa più logica quella di rappresentare in modo accurato noi stessi, i nostri momenti in sala prove o in studio, la stesura del brano per come l’abbiamo concepito. È una sorta di “vlog”, di testimonianza anti-fake-news: “questi siamo veramente noi”, scevra di atteggiamenti da rockstar, zero fighetterie, zero pose.

Siete attualmente in fase di composizione di nuovi brani. Potete anticiparci qualcosa sulla direzione musicale che intendete intraprendere con il nuovo materiale?
L’obiettivo è quello di continuare la direzione presa con Sexp’Anger, con l’impronta groove metal come punto di partenza e una riconoscibile influenza stoner, ma apportando qualche novità dal punto di vista compositivo. Cerchiamo sempre di spaziare tra i vari generi rock e metal, sia dal punto di vista sonoro che compositivo, sperimentando e modificando finché il risultato non ci convince. Abbiamo un po’ stravolto la nostra comfort zone per quanto riguarda la stesura dei brani e pare che stia funzionando bene (per ora).

Un saluto e un ringraziamento ad Ammy e al team del TG Metal per lo spazio che dedicano alla divulgazione di temi legati alla musica underground, che di spazio ne ha sempre meno.

Grazie a voi ragazzi, è stato un piacere.