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Intervista a Blackout Lights

Con riff potenti, melodie trascinanti e testi ricchi di emozione, i Blackout Lights sono una presenza travolgente nel mondo musicale. La loro energia creativa lascia una traccia indelebile.

Per cominciare a scoprire meglio il loro percorso, partiamo dalle origini: il progetto Blackout Lights è nato nel 2018 presso lo Spazio55 di Mogliano. Cosa vi ha spinto a formare la band e cosa ha rappresentato per voi questo spazio, così significativo per l’avvio del vostro viaggio musicale?

L’idea di formare la band è stata del nostro lead singer. Sicuramente un buon impatto nel formarci è stata la voglia di suonare e di esprimere al meglio il potenziale di ognuno di noi nel creare inediti. Lo Spazio55 ha un posto d’onore in quanto appunto per l’inizio di tutto. Da quando inizialmente eravamo solo in 4 come formazione. Da questa sala prove sono uscite parecchie band affermate, e sicuramente ha influito pure ciò, ma anche l’ambiente che si è creato negli anni in questo luogo

La vostra musica è influenzata da band come Theory of a Deadman, Black Stone Cherry e Rev Theory. Come hanno contribuito questi artisti a plasmare il vostro sound? E quali aspetti avete voluto reinterpretare per creare qualcosa di unico?

Principalmente sono band che con i loro riff, melodie e testi sia pungenti che anche melodici hanno contribuito sia nella scrittura che nelle varie composizioni. Ma oltre a loro ci sono altre band da cui attingiamo, tenendo comunque a mente che di nostro deve esserci di più. Gli aspetti che si possono reinterpretare si prende magari uno spunto che può essere lo stile della band o banalmente delle linee melodiche che sono nelle nostre corde e da lì partiamo con la composizione, facendola nostra. Un esempio puramente banale è “Titty Twister”

Con l’ingresso di Francesco Girotto alla batteria nel 2021, avete trovato una nuova dimensione creativa. Come ha influenzato il processo di composizione e l’evoluzione del vostro sound?

Francesco è stato un punto inamovibile da quando è entrato a far parte della band. Molte idee sulla linea da seguire su alcune canzoni sono partite da lui. Ha dato quel tocco massiccio e sferzante che fa riempire bene le canzoni

Alberto, tu sei stato il fondatore e ideatore del progetto. Cosa ti ha spinto a reclutare Mauro, Luca e Silvio inizialmente? E come si è evoluta la chimica all’interno del gruppo dopo i cambiamenti nella line-up?

Con Silvio ci conoscevamo da un po’ perché abbiamo fatto parte di un progetto per due anni. Mauro l’ho conosciuto dopo che avevo inserito un annuncio musicale sui vari gruppi e siti di “Cercasi musicisti”. Con Luca invece eravamo conoscenti di amici in comune. Il loro reclutamento è stato principalmente perché mi sono fidato delle loro capacità sia melodiche che compositive.
La chimica si è evoluta pian piano con il passare delle prove e concerti, anche grazie poi all’arrivo di Francesco alla batteria. Avendo iniziato solo con una chitarra sentivamo che nonostante tutto mancava profondità e pienezza. Da quando siamo passati a due chitarre abbiamo raggiunto quell’obiettivo

Riff potenti, melodie avvincenti e testi incisivi sono elementi chiave del vostro stile. Qual è il processo creativo dietro la scrittura di nuove canzoni? Iniziate dai riff, dalle melodie o dai testi?

dipende. A volte parte da una melodia o un giro che passa nelle nostre teste (anche a livello singolo). A volte può partire, sempre da uno di noi, da un’intuizione. E a volte una combinazione delle due cose. Il testo in pochi casi è arrivato dopo

Come avete visto il vostro pubblico crescere e rispondere alla vostra musica? Qual è stata la reazione che vi ha colpito di più durante uno dei vostri concerti?

Il pubblico che abbiamo ad ora è prettamente legato alle nostre conoscenze personali, nonostante tutto abbiamo appena “iniziato” a farci conoscere. Una buona parte la sta facendo la presenza sui social. E in alcuni casi ci é capitato di suonare per un pubblico internazionale grazie a dei concerti in un ostello della zona, e da uno di questi c’è stata un’ottima reazione, anche perché il mood della serata era una grande festa. Le reazioni principali del pubblico sono molto buone perché vedono l’affiatamento tra di noi e il carisma che portiamo live

Venendo da background musicali diversi, quali sono stati i momenti di maggiore sinergia e quali invece le sfide che avete dovuto affrontare come band?

Sicuramente venendo da gusti musicali differenti, tra metal (anche estremo) al rock più melodico fino al funk, è stata una bella sfida far combaciare i nostri personali stili, perché a volte ci sono divergenze. Ma ciò non ha mai tolto il fatto di inserire elementi sia dell’uno che dell’altro senza che si banalizzasse una composizione. Ed è lì che si crea una bellissima sinergia

Quali sono i traguardi futuri dei Blackout Lights? State lavorando a nuovi progetti o collaborazioni?

Come obiettivi e traguardi sicuramente c’è quello di fare più concerti e festival possibili, non solo a livello locale, e quindi spostarci a livello regionale, e continuare a comporre musica.
Come collaborazioni, siamo in fase di composizione di un pezzo al cui interno ci saranno tre cantanti di un collettivo musicale cui fanno parte sia Luca che Francesco. Quindi…. Ocio!

Come vedete la scena musicale emergente italiana, e quali sono, secondo voi, le opportunità o le difficoltà per band come la vostra nel farsi strada?

La scena musicale italiana è molto grande sia a livello di band che di qualità di esse. Purtroppo la difficoltà maggiore per le band, è il trovare dove suonare, specie in un periodo come questo.
Fare gruppo, ovvero aiutarsi tra band, cercando di fare date assieme è un buon modo per continuare a suonare in giro, ma anche lì si incappa nella difficoltà di trovare un posto dove poter suonare. L’affidarsi anche ad un’agenzia (noi siamo appunto alla ricerca) è un altro metodo buono.

Se doveste descrivere l’essenza dei Blackout Lights in tre parole?

Tre parole? Mmmmh vediamo. Diremo: carismatici, cazzoni, piacioni